Reliquie

I reliquiari dell’altare maggiore di Sant’Apollinare in Roma

Le urne donate da Wilhelm Weilhamer von Mosheim und Salach (1571-1651)

A cura di Francesco Danieli – Johannes Grohe

Altare Maggiore di Sant'Apollinare
Altare Maggiore della Basilica di Sant’Apollinare

Benedetto XIV (1740-1758), ai primordi del suo pontificato, volle che la Chiesa romana altomedievale di Sant’Apollinare alle Terme Neroniane-Alessandrine, rinnovata durante il pontificato di Gregorio XIII (1572-85), fosse riedificata dalle fondamenta e ne impartì l’incarico al grande architetto fiorentino Ferdinando Fuga (1699-1782). Questi condusse a termine i lavori, con indiscussa perizia, fra il 1741 e il 1748.

Lo stesso Papa Lambertini si impegnò nel patrocinare il nuovo assetto dell’area presbiterale che, come sembra, finanziò di sua tasca. Donò i marmi che ne abbelliscono le mura perimetrali, commissionò la macchina d’altare e la relativa pala oleografica raffigurante la consacrazione episcopale di Sant’Apollinare da parte di San Pietro, affidando l’esecuzione di quest’ultima al pittore bolognese Ercole Graziani (1597-1658). Per incarico del Lambertini, all’epoca Arcivescovo di Bologna, il Graziani aveva già eseguito nell’anno 1737 una tela per la cattedrale di San Pietro a Bologna. Divenuto Pontefice, Benedetto XIV la fece replicare con qualche modifica per l’Appartamento dei Principi nel Palazzo del Quirinale, ma poi regalò l’opera alla rinnovata Basilica di Sant’Apollinare. L’altare maggiore e le pareti laterali del presbiterio recano impresso a più riprese – a inequivocabile conferma di tanta generosità – lo stemma pontificale di Benedetto XIV. Allo stesso modo, tale emblema è presente sui sei maestosi candelieri e sull’elegante croce d’altare che ancora oggi sormontano la scenografica mensa tridentina. È a questo punto che si innesta un’altra importante committenza – probabilmente alla fine dei lavori della nuova Basilica, e cioè dopo l’anno 1748 – dimostrata dalle chiare analogie stilistiche fra i diversi manufatti e dalla comune provenienza dei donatori dei reliquiari per l’altar maggiore, quasi tutti di orbita germanica.

Interno della Cupola di Sant'Apollinare
Cupola della Basilica di Sant’Apollinare

Il complesso dell’Apollinare era stato concesso ai gesuiti come sede per il Collegio Germanico già da Gregorio XIII nel 1574; nel 1580 a quest’ultimo era stato unito l’Ungarico. Così, per due secoli, i figli di sant’Ignazio avevano retto ivi il celebre Collegium Germanicum et Ungaricum. Numerosissimi e dalle grandi promesse gli Alunni che vi si erano susseguiti nel corso degli anni. Non pochi di questi avevano raggiunto alte cariche della gerarchia ecclesiastica e – spinti dalla riconoscenza verso il primo luogo di formazione – vi avevano destinato ex testamento una certa cifra da riscuotersi a morte avvenuta. I padri resero omaggio a tale beneficenza come si evince dalle incisioni sulle quattro urne e sui due reliquiari del parato che esamineremo.

Il frangente dei lavori lambertiniani è quello che più facilmente coincide con un progetto ben definito – da parte dei gesuiti – di allestire, decorare ed equipaggiare di sacre suppellettili l’area più sacra dell’edificio, quella dell’altare maggiore della chiesa. Tale preciso programma giustifica le stesse discordanze cronologiche tra gli estremi temporali dei donatori e la realizzazione dei lavori.

I gesuiti avevano preferito far convergere le varie somme ereditate nel corso degli anni nella realizzazione di un unico e notevole intervento d’arredo, coronamento compiaciuto alla già straordinaria munificenza del Pontefice. Nel 1773 però, anno della soppressione della Compagnia di Gesù, i gesuiti lasciarono Sant’Apollinare. Rimasero tuttavia i preziosi tesori d’arte sacra realizzati nei decenni immediatamente precedenti.

Relicario
Relicario

Le urne reliquiario che adornano l’altare principale della Basilica sono composte da un’anima lignea rivestita da una poderosa lamina in ottone sbalzato. Due scomparti, uno centrale più ampio e uno superiore di minori dimensioni, ospitano le reliquie.

I graziosi scorniciati, i rilievi, le palme intrecciate con la croce nel mezzo che spiccano sulla sommità, gli agili piedi a ricciolo e la bicromia dell’ottone accentuano l’indole barocca dei manufatti. Il corpo poggia su di una basetta lignea laccata in oro. Un sottile listello orizzontale, presente nella faccia anteriore, reca incisa l’identità del donatore. Non è riscontrabile alcun marchio. Lo stato di conservazione dei quattro scrigni è mediocre; nella prima urna manca una delle palme intrecciate.

Analogo lo stile dei due reliquiari ad ostensorio, attualmente riposti in sagrestia, in cui si ripetono molti dei motivi presenti nelle urne e nei candelieri: gli sbalzi, gli scorniciati, le conchiglie e le palme; come pure squisiti fregi a ghirlanda che richiamano l’impronta classicheggiante di Luigi Valadier (1726 -1785), valente argentiere romano e padre del più celebre architetto Giuseppe, che altre suppellettili realizzò in situ, tra cui uno splendido candeliere presente in Sant’Apollinare.

Allo stesso, qualora si prendesse per valida tale nostra supposizione, andrebbe attribuita la paternità dell’intero parato d’altare.

Di gusto tipicamente settecentesco, i sei pezzi che verranno presentati in seguito costituiscono dunque un elegante parato d’altare composto da quattro urne reliquiario, due reliquiari ad ostensorio e almeno sei grandi candelieri con croce.

Il benefattore, il cui nome si trova il nome inciso sui primi due reliquiari, è Wilhelm Weilhamer von Mosheim und Salach, nato nel 1572 a Landshut (Baviera), chierico della diocesi di Frisinga (Freising). Alunno del Collegio Germanico-Ungarico dal 1588 al 1596, su richiesta del duca Massimiliano di Baviera completò i suoi studi a Perugia (oppure Bologna) con il dottorato in giurisprudenza. Divenne quindi canonico teologo della Cattedrale di Ratisbona e poi, nel 1599, Decano dello stesso Capitolo. È particolarmente significativo il fatto che nell’anno 1626 abbia rinunciato a tutti i suoi benefici (oltre al canonicato di Ratisbona ne possedeva un altro a Passau fra il 1597 e il 1598, fu Decano della Collegiata di Landshut fra il 1600 e il 1626 e godeva di un beneficio ad Iltz), entrando nella Compagnia di Gesù. Morì nel 1651 a Burghausen, dove tra il 1635 e il 1638 era stato amministratore della Chiesa parrocchiale e Rettore del Collegio gesuitico.

Relicario 4
Relicario

Il primo nominativo dei benefattori, riscontrato sul terzo reliquiario, è quello di Nicolaus Monius, un chierico proveniente dalla diocesi di Frisinga (Freising). Fu Alunno del Collegio Germanico-Ungarico dal 1603 al 1608. Sul suo conto è impossibile rintracciare ulteriori notizie.

Il secondo personaggio è più conosciuto. Si tratta di Johannes Kaspar Stredele von Montani und Wisberg (ca. 1582-1642). Nato a Vienna nell’anno 1582 ca., compì i suoi studi fra il 1604 e il 1608 a Padova, Roma e Perugia. A Roma fu Alunno del Collegio Germanico-Ungarico tra 1606 e il 1608. Ricevette l’ordinazione sacerdotale nel 1608 e nello stesso anno fu creato canonico di Santo Stefano a Vienna; nel 1609 conseguì il dottorato in Sacra Teologia presso l’Università di Vienna; nel 1611 divenne Rettore dell’Università e Vicario del Vescovo di Passau per i territori unter der Enns (fino al 1626); nel 1612 guadagnò un canonicato presso la Cattedrale di Olomuce e, dal 1615 al 1642, fu preposito della Collegiata di Ardagger (Austria inferiore); fu consigliere della corte imperiale ai tempi di Ferdinando II e Ferdinando III e Protonotario apostolico; dal 1631 al 1642 fu Vescovo ausiliare di Passau (con tit. di Sarepta); dal 1634 al 1642 Vicario del Vescovo di Passau per i territori ob der Enns; dal 1637 al 1642 amministratore del Principe Vescovo di Olomuce, Leopoldo Guilelmo, Arciduca d’Austria (e laico). Si spense il 28 dicembre 1642, in seguito ai maltrattamenti inferti dalle truppe svedesi stanziatesi ad Olomuce. È sepolto nella Cappella di Sant’Anna presso la Cattedrale di Olomuce. Anche il benefattore documentato nella quarta urna-reliquiario è un Vescovo. Si tratta di Ferdinand- Maximilien-Paul de Berlo de Brus (1654-1725). Nato a Namur (Belgio) nel 1654, compì i suoi studi a Lovanio, Ingolstadt (il padre era governatore di questa città) e Roma. Nell’Urbe fu Alunno del Collegium Germanicum et Ungaricum negli anni 1673-1675. Ricevette l’ordinazione sacerdotale a Eichstätt (Baviera) nel 1676. Fu canonico di San Lamberto a Liegi, arcidiacono di Campina, preposito del Capitolo della Collegiata di San Martino di Landshut (Baviera), Vescovo di Namur (Namurcen[sis]) dal 1697 al 1725, Abate secolare di Notre-Dame di Namur nel 1698 e preposito del Capitolo della Collegiata di Saint-Paul a Liegi nel 1709. Morì il 23 agosto 1725 nel castello di famiglia a Chockier (Belgio).

Relicario Ostensorio

Nel primo dei due reliquiari ad ostensorio compare ancora una volta il nominativo di un prelato ex-alunno del Collegio, Heinrich Hartard Freiherr von Rollingen, Vescovo di Spira (Speyer) dal 1633 al 1719. Nato ad Ansemburg (Lussemburgo) nel 1633, fra il 1655 e il 1658 condusse i suoi studi a Roma presso il Collegio Germanico-Ungarico. Fu ordinato sacerdote proprio nell’Urbe nell’anno 1658. Nel 1646 fu domicellarius a Treviri e canonico di Bruchsal-Odenheim (ivi nel 1660 fu scholasticus e nel 1675 praepositus); nel 1661 ottenne un canonicato nella Cattedrale di Treviri; nel 1662 fu domicellarius a Spira e più tardi canonico nella stessa Cattedrale; nel 1676 divenne arcidiacono di Longuy (arcidiocesi di Treviri) e corepiscopo; Decano del Capitolo della Cattedrale di Spira negli anni 1688-1711 e Vicario generale per Spira e Vescovo ausiliare della stessa diocesi nel 1692; nel 1711 fu eletto e nel 1712 confermato Principe Vescovo di Spira. Morì ivi nel 1719 ed è sepolto nella Cattedrale spirense. Il secondo nome riportato è quello di Georgius Mieclicius (Mieclizky) de Wischow, della diocesi di Olomuce (Olmütz). Nato nel 1581, fu Alunno del Collegio Germanico-Ungarico, inviatovi dal suo Arcivescovo Stanislav Pavlovský (1579-1599), anch’egli precedentemente Alunno dello stesso istituto negli anni 1598-1601. Il Mieclizky, dottore in Teologia presso l’Università di Vienna, ricevette un canonicato nella Cattedrale di Olomuce. Rinunciò allo stallo capitolare per diventare monaco cistercense a Citeaux; in seguito, eletto Abate di Saar (Moravia), preferì rifiutare tale prestigiosa dignità. Secondo le matricole, Bartholomaeus de Victoriis non sarebbe stato Alunno del Collegio Germanico-Ungarico. Dovrebbe trattarsi di un chierico Gualdensis, proveniente cioè dalla diocesi di Nocera Umbra (nella quale è stata assunta l’antica sede di Gualdo Tadino). Questi – come risulta dall’iscrizione sul reliquiario – lasciò in eredità alcuni beni personali in favore della Congregazione Mariana, fondata nel 1563 presso il Collegio Romano. Poco sappiamo del primo benefattore di cui troviamo inciso il nome nel secondo reliquiario ad ostensorio. Nicolaus a Mornberg, della diocesi di Trento, fu Alunno del Collegio Germanico-Ungarico dal 1597 al 1603 e guadagnò in seguito un canonicato presso la Cattedrale di Trento.

Relicario Ostensorio

Maggiori informazioni si riscontrano riguardo al secondo offerente, Hector von Kotzau, vissuto tra il 1578 e il 1619. Oriundo della diocesi di Bamberga (Bamberg), era figlio di genitori luterani ma fu educato nella fede cattolica grazie allo zio materno Ernst von Mengersdorf, Principe Vescovo di Bamberga (1583- 1591). Condusse i suoi studi a Roma, come Alunno del Collegio Germanico-Ungarico dal 1598 al 1602, e ricevette benefici nelle Cattedrali di Würzburg e Bamberga, per diventare poi nell’anno 1610 Decano del Capitolo della Cattedrale di Bamberga. Il von Kotzau fungeva ancora da Decano quando nel 1611 Johann Gottfried von Aschhausen, Principe Vescovo di Bamberga, affidò alla Compagnia di Gesù la guida del Collegium Ernestinum, fondato nel 1586 dallo stesso suo zio. Spettò proprio al Decano von Kotzau presiedere la cerimonia della presa di possesso del Seminario da parte dei gesuiti.

Nota bibliografica: Per non appesantire il testo non si fanno nel contributo presente tutti i riferimenti del caso, riservandolo per una pubblicazione futura più scientifica. Si indicano come opere di riferimento: Cf M. ARMELLINI, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Roma 1891, 51-57. – A. STEINHUBER, Geschichte des Collegium Germanicum Hungaricum in Rom, Vol. I-II, Freiburg 1895. – I. MARKOWITZ (a cura di), Frommer Reichtum in Düsseldorf. Kirchenschätze aus 10 Jahrhunderten (Ausstellung im Stadtgeschichtlichen Museum Düsseldorf 16.9.-22.10.78), Düsseldorf 1978, 439-440. – P. SCHMIDT Das Collegium Germanicum in Rom und die Germaniker: zur Funktion eines römischen Ausländerseminars [1552-1914], Tübingen 1984. – D. FERRARA, Sant’Apollinare, in: Roma Sacra. Guida alle Chiese della Città eterna 7, Roma 1996, 51-57. – P. C. CLAUSSEN, S. Apollinare, in: Die Kirchen der Stadt Rom im Mittelalter 1050-1300, Stuttgart 2002 (= Corpus Cosmatorum II/1), 93-109. – F. RONIG, Die Wallfahrt zum Apollinarisberg. Zur Geschichte von Frömmigkeit und Wallfahrt eines rheinischen Wallfahrtsortes, in: W. BRÖNNER (a cura di), Die Apollinariskirche in Remagen, Worms 2005, 77-82.

Catalogazione dei reliquiari di Sant’Apollinare